Roberto Bombarda - attività politica e istituzionale | ||||||||||||||||||||||||||||
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Arco, 25 novembre 2007 «Parco del Sarca: fluviale o agricolo». E’ il quesito proposto dall’incontro pubblico-tavola rotonda che ieri pomeriggio al casinò comunale ha riunito attorno allo stesso tavolo per la prima volta i promotori del famoso parco agricolo dell’Alto Garda e gli amministratori di alcuni dei comuni interessati (c’erano gli assessori all’ambiente di Arco, Riva del Garda e Dro). Presenti anche il consigliere provinciale «verde» Roberto Bombarda (promotore della nota legge 11/2007 che istituisce la possibilità per i territori di creare parchi in zone ben delimitate), il presidente del comitato parco agricolo Duilio Turrini, il direttore di Coldiretti Danilo Merz, il dirigente del Servizio parchi e conservazione della natura della Provincia Gianni Nicolini, molti rappresentanti di associazioni coinvolte a vario titolo e non pochi amministratori locali dei comuni che s’affacciano al Sarca. Questi ultimi attori dell’iter di creazione del parco fluviale del Sarca. Due parchi sullo stesso territorio, dunque; e la risposta al quesito iniziale (parco fluviale o agricolo) per ora è la più ampia: sia l’uno, sia l’altro. Perché i due parchi sono due grida d’allarme. Da una parte il Sarca, con la sua scadente qualità dell’acqua (dovuta principalmente a importanti carenze in termini d’impianti di depurazione) e soprattutto con, della medesima, l’ormai storica scarsità (causa principale, i prelievi dell’Enel a fini idroelettrici, ma anche il clima che inesorabilmente cambia); dall’altra l’agricoltura, fino a ieri ultima ruota del carro nella considerazione di chi gestisce il territorio. Anzi, fino a gennaio prossimo, quando dovrebbe «passare» il nuovo Piano urbanistico provinciale che compie un passo avanti storico (la tutela dei terreni agricoli è radicalmente rafforzata), ma che non è risolutivo. Ma il vero grido d’allarme è unico: «Delle oltre novemila persone che hanno firmato per il parco agricolo dell’Alto Garda - ha commentato uno dei numerosi promotori presenti - la stragrande maggioranza non era preoccupata per l’agricoltura ma per il proprio ambiente. Perché non ne può più di cemento». Sono stati in molti a concordare su un giudizio particolarmente severo alla crescita urbanistica degli ultimi due decenni: definita una vera e propria devastazione ambientale. Da qui la necessità, impellente, di tutele: «Un parco istituisce una regola che formalizza il senso del limite di una comunità - ha detto Roberto Bombarda – la quale decide di garantire la riproducibilità del suo patrimonio ambientale. Si tratta tuttavia di un investimento di lungo periodo: non c’è un ritorno immediato ma negli anni». Dunque, perché non unire le forze e lavorare ad un unico parco? In fondo - lo ha ricordato lo stesso Bombarda - come il parco agricolo può tutelare anche le acque, quello fluviale può occuparsi anche dell’agricoltura dei territori che comprende. La domanda è stata posta, ma la risposta per ora non c’è, e i due parchi per ora procedono separati. Il nocciolo sta nella composizione degli organi di gestione: il parco agricolo altogardesano non prevede che un unico rappresentante per i comuni coinvolti (Arco, Drena, Dro, Nago-Torbole, Riva del Garda e Tenno), il parco fluviale ne vuole di più. Ma intanto il primo passo c’è stato. E il prossimo - un incontro tra il comitato parco agricolo e tutti gli amministratori dei molti comuni del parco fluviale - potrebbe essere a breve.
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